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Luigi Galimberti fa il punto insieme a noi sul percorso di crescita di Sfera Agricola, la serra idroponica hi-tech sostenuta da Oltre Venture per favorire la nascita di nuovi modelli di business sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale.

Tre milioni e mezzo di chili di pomodori prodotti a fine 2020, rispetto ai 2 milioni di chili dello scorso anno, per un totale di oltre 250 dipendenti per lo più assunti in maniera continuativa. Questo, a fronte di un costante raddoppio del fatturato anno su anno: dai quattro milioni di euro del primo anno di attività dopo la costruzione della serra agli otto milioni di euro del secondo, fino ad arrivare alle proiezioni di 15 milioni di euro di fatturato a fine 2020.

Di fronte a questi numeri, definire Sfera Agricola una “startup” potrebbe sembrare fuori luogo, dopo che l’azienda è riuscita a creare a tempo di record la più grande serra idroponica hi-tech italiana nel cuore della Maremma Toscana. Eppure, è proprio “startup” la parola che usa più spesso il CEO Luigi Galimberti quando racconta i primi quattro anni di vita dell’azienda e le sue prospettive future: “siamo ancora una startup – dichiara Galimberti – Non abbiamo molte alternative davanti: possiamo solo crescere”.

La via italiana alle startup innovative

Definire la nostra azienda come una startup non è solo un modo di dire – aggiunge Galimberti – Noi rappresentiamo l’’italian way’ delle startup: cresciamo, ma lo facciamo con un occhio di riguardo alla sostenibilità economica e ambientale dell’azienda. Il sogno americano delle startup che bruciano cassa e non guadagnano non è applicabile al nostro Paese. Dobbiamo crescere, e per crescere dobbiamo raddoppiare il nostro fatturato anno su anno”. Un risultato per ora pienamente raggiunto, grazie al sostegno finanziario e manageriale fornito da Oltre Venture.

 

L’impatto sociale come modello di business

Sfera Agricola nasce circa quattro anni fa da un’intuizione di Galimberti: creare una serra idroponica hi-tech in Italia, per sviluppare un modello di produzione agricola all’avanguardia in grado di creare posti di lavoro e fornire una soluzione alternativa al crescente consumo di suolo e acqua necessaria per l’irrigazione dei campi. Un modello di business fin da subito orientato all’impatto sociale, che sempre più spesso viene oggi citato come esempio nel settore dell’agricoltura sostenibile (e non solo).

Solo le aziende che sono perfettamente integrate nella comunità in cui operano, che si basano su manodopera locale e danno lavoro alle persone e alle famiglie del territorio, possono sopravvivere alle crisi economiche come quella che stiamo attraversando ora – commenta Galimberti -. Noi abbiamo resistito meglio di altri all’impatto economico e sanitario del Covid19 perché nel nostro modello produttivo era previsto fin da subito il ricorso alla manodopera locale, stabile e regolare, e sottoposta a controlli di sicurezza e sanitari che si sono rivelati determinanti nell’isolare fin da subito la serra dall’esterno”.

 

Sfera Agricola

Una vista dall’alto di Sfera Agricola, nel cuore della Maremma Toscana

Il rapporto con la GDO

I prodotti di Sfera Agricola sono oggi presenti sugli scaffali di tutte le più importanti reti di supermercati nazionali e straniere operanti in Italia. “La GDO è il nostro principale canale di lancio in questo momento – conferma Galimberti – In alcuni casi capita addirittura che i supermercati riducano il autonomamente il proprio ricarico verso i consumatori per promuovere i prodotti di Sfera Agricola, senza chiederci di applicare a nostra volta uno sconto in cambio. Non è un caso che in tre anni di attività non abbiamo mai perso un cliente: quando il direttore di un supermercato trova un fornitore di qualità, che rispetta tutti gli standard e le norme in materia di produzione e sicurezza, non può che sostenerlo attivamente”.

Verso il riconoscimento dell’agricoltura tecnologica

In questo contesto, non mancano ulteriori buone notizie. L’ultimo decreto legge “Rilancio” segna infatti una tappa fondamentale verso il riconoscimento dell’agricoltura hi-tech dal punto di vista normativo, con l’assegnazione di un codice Ateco dedicato. “La nostra è un’attività capital-intensive – conclude Galimberti – Fino ad oggi non abbiamo potuto ottenere quegli incentivi su automazione e industria 4.0 le cui tecnologie sono tuttavia al cuore della nostra serra idroponica: grazie agli ultimi decreti, si sono gettate le basi per creare anche in Italia un nuovo settore, a metà tra agricoltura e industria avanzata. Quello che chiediamo non sono incentivi a fondo perduto per costruire la serra, ma un sostegno per continuare ad assumere sempre più persone, anche al di fuori delle aree svantaggiate”. Voi chiamatela, se volete, una startup.

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